Divertissement
Personaggi:
uno scrittore americano,
un venditore macchine da scrivere,
un critico dell’Espresso
e con la partecipazione straordinaria di Andrea Camilleri nella parte di sé stesso
ATTO PRIMO
Tenete presente che Andrea Camilleri abitava in via Asiago a Roma. Lì c’è la Rai ma c’era anche la casa di Paolo Milano, grande critico letterario dell’Espresso dei tempi d’oro.
E in via Asiago c’era pure un bel negozio che vendeva macchine da scrivere.
Un giorno il proprietario del negozio chiese a Camilleri se conosceva uno scrittore americano che si chiamava Saul Bellow.
«Ma certo che lo conosco! È uno dei più grandi, se non il più grande», rispose Camilleri.
Allora l’uomo gli raccontò che un tipo abbastanza buffo che si sarebbe poi rivelato lo scrittore chicaghese Saul Bellow si era fermato a lungo un pomeriggio davanti alla vetrina del suo negozio e poi era entrato e aveva comprato una Olivetti ultimo modello.
L’uomo non descrisse a Camilleri come era vestito lo scrittore, ma questo ve lo posso dire io: aveva sicuramente un cappello, forse un papillon e certamente aveva addosso qualcosa a scacchi (la camicia o la giacca o addirittura i pantaloni).
Camilleri si domandò cosa ci facesse quello che era considerato da molti il più grande scrittore americano vivente in via Asiago. Forse era stato ospite alla Rai? Camilleri, che alla Rai conosceva tutti, si informò ma gli dissero che Bellow non era stato invitato in nessuna trasmissione.
Poi a Camilleri venne in mente il suo vicino di casa Paolo Milano.
Ecco dove era stato Bellow!
Era andato a trovare Paolo Milano che era un grande esperto di scrittori americani ebrei (Bellow appunto, ma anche Singer, Malamud, Roth).
Qualche tempo dopo Camilleri incontrò il suo vicino di casa e Milano gli confermò che Bellow era stato a cena a casa sua. Camilleri, che pure era curioso come una scimmia, non chiese al critico di che cosa avessero parlato lui e lo scrittore americano. Anche perché Paolo Milano, seppur buon amico di Camilleri, era un tipo ombroso a volte, “sustusu” si direbbe forse in vigàtese.
(sipario)
ATTO SECONDO
Nel 1975 Bellow pubblicò il romanzo Il dono di Humboldt con il quale vinse l’anno dopo il premio Pulitzer e il Nobel (quest’ultimo è un riconoscimento che va alla carriera intera di uno scrittore, ma, nel caso di Bellow, la storia dell’amicizia e poi inimicizia tra Charlie Citrine, commediografo di grande successo, e Von Humboldt Fleisher, raffinato e rivoluzionario poeta non più di successo, contribuì molto alla decisione dei giudici di Stoccolma).
Ecco una pagina del romanzo e ditemi voi se non è scritta come Dio comanda.
Io un sospetto su cosa si dissero quella sera a cena Paolo Milano e Saul Bellow ce l’avrei. Milano, che non scriveva romanzi ma si limitava a leggerli (divinamente), raccontò a Bellow una cosa che gli era passata per la testa, la storia tra due scrittori in cui uno ruba all’altro qualcosa, un’idea, una trama, un soggetto, un personaggio.
«Se ti piace, te la regalo», disse Milano a Bellow.
A Bellow la storia piacque e, infatti, basò su di essa il romanzo di Citrine e Humboldt. Quest’ultimo accusa il commediografo di aver fatto soldi sfruttando proprio lui, grande poeta ormai uscito dal giro: «Non dico che abbia commesso un vero e proprio plagio ma... ma qualcosa mi ha rubato, sissignori, la mia personalità. Si è servito di me per il suo personaggio».
Se vi state chiedendo con quale macchina da scrivere Bellow scrisse il meraviglioso romanzo Il dono di Humboldt, io un sospetto ce l’avrei...
FINE
Mi ricorda il premio Strega, dove i giurati non li leggono nemmeno i libri !Tanto per me conta solo la pagella del nostro joker.
Che bravo che sei. E qui sembra che sia un discorso point to point, un dialogo insomma a due, nel quale trasferisci gemme al tuo interlocutore. Vecchio interlocutore nel mio caso.