SECONDA PUNTATA DEL JOKER PIÙ LUNGO MAI SCRITTO: UN PO’ MALINCONICO E UN PO’ A LUCI ROSSE
(OVVEROSIA L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI PUSSY GALORE)
Stefano Galli: «Confesso che ho scorso la sua recensione a Tutti i particolari in cronaca di Antonio Manzini come un relatore di tesi cinque minuti prima della discussione della medesima da parte di un laureando per cui il 110/110 e lode è quasi scontato. Sembra – mi sbaglio? – che lei non citi Jacono, storico copertinista dei Gialli Mondadori.
Penso al compianto Stefano Di Marino, entrato nella collana dei Gialli Mondadori post mortem (suicidio). E noto, infine, che i GM in libreria hanno un prezzo scoraggiante».
Carlo Jacono era citato nel pezzo. L’ho anche conosciuto Jacono, a metà anni Novanta, quando andai a chiedergli di fare delle copertine gialle per una serie di articoli su Sette. Abitava in via Cagliero a Milano di fronte a una eccellente pescheria e sopra una eccellente pasticceria (che a Natale è sempre nelle prime posizioni nella classifica dei panettoni più buoni).
Jacono fu gentilissimo e molto curioso, fece poi un salto in redazione per vedere come era venuta la stampa delle sue copertine. Aveva il tratto, lo stile (e qui non sto parlando dell’artista, ma della persona) di quelli che avevano lavorato nella grande editoria milanese (Mondadori, Rizzoli) negli anni del boom. Mi ricordo che in redazione, a Sette, lo snobbarono un po’. Per ignoranza temo, non sapevano che gli avevo portato in carne e ossa un pezzo della storia della grafica italiana.
P.S. A ripensarci, Jacono venne in redazione non tanto per curiosità ma forse perché gli era venuto qualche dubbio e volle sincerarsi di come lavoravamo...
P.P.S. Lei ricorda Stefano Di Marino, uno protagonista del pulp italiano, e la sua tragica vicenda personale. Sono andato a riguardare i giornali che parlavano della sua morte e una coincidenza mi ha gelato il sangue.
Guardate l’indirizzo di casa Di Marino, teatro del suo dramma, nelle righe dell’articolo che segue pubblicato il giorno dopo la sua morte: «È stato trovato senza vita, riverso a terra in corrispondenza di una delle finestre del suo appartamento milanese, lo scrittore Stefano Di Marino, autore – con lo pseudonimo di Stephen Gunn – della serie “Il professionista”. Tutto fa pensare che si sia trattato di un suicidio: dalle prime ricostruzioni, Di Marino, 60 anni, sarebbe morto dopo un volo dalla finestra di casa sua in via Cagliero, a Milano, dove la polizia ha trovato un biglietto con cui lo scrittore ha spiegato i motivi del gesto».
Si potrebbe quasi scrivere un romanzo (un Giallo Mondadori?) con protagonista via Cagliero, la strada di Milano dove c’è una bella pasticceria e una bella pescheria, in cui abitarono Carlo Jacono, il re delle copertine dei Gialli Mondadori, e Stefano Di Marino, che nei Gialli Mondadori entrò solo da morto. Potrebbe essere una storia alla Roman Polański.
Piera Treu apprezza una foto pubblicata nel pezzo su Giorgio Gaber: «Monaci biancovestiti, che classe!». Foto apprezzata anche da Nicoletta Vallese («Benedettini / Hell’s Angels è esilarante!!!»).
Sull’iconografia del Joker scrive anche Paolo Di Betta: «Affabulati come siamo dall’incedere di D’Orrico, non apprezziamo abbastanza il corredo fotografico dei suoi articoli. Secondo me regge il confronto: è impeccabile! Per esempio, i tre pipaioli Raymond Chandler, John le Carré e Georges Simenon sono di un altro mondo... La pipa forse va spiegata alle nuove generazioni... Perfino il correttore ortografico mi dà “pipaioli” come errore di battitura...»
Le foto sono belle e il merito non è mio bensì di Francesca Papa. Però le foto sono infide, giornalisticamente parlando, perché hanno le didascalie e nelle dida, parlo per lunga esperienza, si annida sempre l’errore (forse perché si scrivono alla fine, dopo aver scritto il pezzo, e l’attenzione si allenta un attimo?). E infatti…
Scrive Agostino Masi: «La recensione (Benjamin Stevenson, Tutti su questo treno sono sospetti) molto coinvolgente come sempre. Solo una piccola precisazione. La didascalia dello scrittore Carofiglio riporta Francesco che è il fratello sceneggiatore e disegnatore di graphic novel e non Gianrico che è lo scrittore in fotografia».
Com’è la formula di rito in questi casi? Ce ne scusiamo con i lettori e con l’autore.
Piera Treu non ha apprezzato solo la foto del Divertissement gaberiano: «Umberto Simonetta, nel trani a gogò! Che m’importa se non so che cosa vuol dire trani, la sua poesia mi fa ondeggiare. Anche L’infinito quando ero piccola lo leggevo e non sapevo cosa volesse dire, ma saperlo a memoria a forza di leggerlo mi dava lo stesso piacere. Allora forse un po’ di mistero dentro le parole ci sta bene. Le dirò che il Preside del mio Liceo aveva superato l’orrore del campo di concentramento raccontandosi i Sepolcri, che per sua fortuna sapeva a memoria. Lei scrive poesia smistando, ricomponendo, collegando. Il cane Victor e io le siamo oltremodo grati di quello che crea».
Grazie, Piera, anche per questa scena da grande film con il Preside che per sopravvivere nel lager recita come una preghiera (le grandi poesie sono preghiere) i versi immortali (qualunque cosa ne dicesse sarcasticamente Gadda che lo perculò a sangue) di Ugo Foscolo:
«Forse tu fra plebei tumuli guardi
Vagolando, ove dorma il sacro capo
Del tuo Parini? A lui non ombre pose
Tra le sue mura la città, lasciva
D’evirati cantori allettatrice,
Non pietra, non parola; e forse l’ossa
Col mozzo capo gl’insanguina il ladro
Che lasciò sul patibolo i delitti».
L’immagine di Giuseppe Parini cadavere insozzato dal sangue del balordo ghigliottinato sembra uscita da una tavola di Eerie (la mia rivista preferita dell’horror classico statunitense assieme a quella di Zio Tibia).
Su Gigi Riva, a proposito di Lamento per Luis (la cover, fatta con devozione, dell’articolo Lamento per Riva di Gianni Brera, che uscì sul Giorno ed è immortale come i versi di Foscolo) sono intervenuti in tantissimi.
Massimo Caravatti scrive: «E, con questo Lamento di Brera, i giornalisti sportivi d’oggi possono chiudere bottega con un sincero: passo e chiudo. E già che ci sono possono fare altrettanto riferendosi ad ADO(rato). Grazie di esistere».
A lei.
Pubblicità per me stesso intitolò sfacciatamente un suo libro Norman Mailer. Glielo rubo come titolo per una serie di inserzioni autopubblicitarie (bisogna stare al passo con i tempi).
Pubblicità per me stesso
Luca Pastori: «Come sono più belle le mie
giornate quando leggo il Joker!!!».
Pubblicità per me stesso
Gigliola Beniamino: «Non ci posso fare niente. Mi piaci».
Pubblicità per me stesso e Gigi Riva
Luigi Catalucci: «Lamento per Luis. Così si ricordano i grandi. Complimenti».
Pubblicità per me stesso
Francesco Tartara: «È con grande piacere, gentile Antonio, che posso rileggerVi. E sono così lieto, che lo affermo prima di averla letto. La Vedovanza cominciava a farsi sentire in modo pesante. Adelante siempre!».
Pubblicità per me stesso
Daniela Gianaroli: «Nessuno scrive recensioni come lei».
Franca Fortini: «Favoloso Joker, grazie!».
Luciana (Forum Substack): «Eccezionale!».
Pubblicità comparativa (con Magris) per me stesso
Domenico Cacopardo: «La terza volta che scrivo il commento. Appena, per una ragione qualsiasi debbo interrompere si cancella tutto e debbo ricominciare. Quindi, sintetizzo: 1) 1000 volte meglio D’Orrico di Magris che è molto meno mitteleuropeo di quanto ritiene, recando seco i germi dell’antico provincialismo nazionale; 2) rispetto a Lettura e a 7 che leggevano tutti, questa mail sembra una confidenza personale riservata a pochi eletti. Il barone Cappellani da Palazzolo Acreide, mio avo (che da post-borbonico sosteneva, riguardo alle varie invasione isolane “Passano i cazzi ma i culi sono sempre i nostri”), quando arrivò la televisione dichiarò che mai l’avrebbe comprata in quanto non intendeva sedere davanti allo strumento a vedere le stesse cose che seguiva il suo campiere (allora tv in bianco e nero e 1 solo canale)».
“Passano i cazzi ma i culi sono sempre i nostri” è il riassunto del grande Altan in una battuta.
(fine seconda puntata del joker più lungo mai scritto: un po’ malinconico e un po’ a luci rosse, ovverosia l’importanza di chiamarsi pussy galore – continua)
Si continua a giganteggiare!
Grazie 🫶