IL PIÙ LUNGO JOKER MAI SCRITTO: UN PO’ MALINCONICO E UN PO’ A LUCI ROSSE. PRIMA PUNTATA
(OVVEROSIA L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI PUSSY GALORE)
Comunicazione di servizio. Appuntamento a tutti gli appassionati di Truman Capote il 21 marzo, primo giorno di primavera (bellissima data), quando alle 18:30 racconterò qualcosa sul grande scrittore a Casa Manzoni a Milano.
Ecco la bellissima locandina dell’incontro.
Sono un po’ preoccupato per la mail di Italo Beccaria, mago del casting, che scrive: «In attesa di rivederla il 21/3 mi rileggerò Capote, in modo da arrivare preparato a Casa Manzoni (avrei preferito il Plaza NYC, 5th Ave.).
Ho partecipato al precedente incontro su Capote tenuto da Alessandro Piperno… Beh, devo dirle che la partecipante-tipo è la classica insegnante in pensione/groupie di Alda Merini… Altro che Mia Farrow o Lee Radziwill del “party del secolo”.
Dress code della serata piperniana: scarpe basse e impermeabile beigeolino. Mascherina? Quella del Covid.
Però mi aspetto che lei sfoggi le sue doti di entertainer e si presenti abbigliato in bianco e nero (so che le costerà molto, visto il suo tifo calcistico).
Io, gobbo maledetto, potrei fermarmi allo JuveStore di Corso Matteotti e presentarmi con la maglia dello sciagurato Vlahovic…
A presto
Il Maharajah del Jaipur… ooops Italo Beccaria».
Caro Italo, il party del secolo a cui lei allude, rigorosamente black and white e in maschera, fu davvero una delle feste più belle del secolo scorso e raccomando il libro di Deborah Davis, Truman Capote e il party del secolo (edizioni Accento), uscito da poco.
Capote lo tenne al Plaza di New York il 28 novembre 1966 e organizzarlo gli costò più fatica e gli dette più pensieri che scrivere A sangue freddo (di cui il party celebrava il successo).
Vi partecipò la crème de la crème, il fior fiore della jet society (e i non invitati la giurarono a morte all’anfitrione e le loro maledizioni si avverarono poi ai tempi maledetti di Preghiere esaudite).
Fu una festa tragica e non una festa mobile alla Hemingway. In quella occasione Capote raggiunse l’apice della sua celebrità mondana e nel momento in cui se ne rese conto scoprì l’amara verità: essere la persona più importante della festa è il fallimento (secondo il concetto espresso da Groucho Marx nella battuta: «Non vorrei mai fare parte di un club che accettasse tra i suoi soci uno come me»).
Il party fu l’inizio della sua fine. Truman Capote era il Jep Gambardella di sé stesso.
Caro Italo, per quanto riguarda i presenti all’incontro con Piperno, su cui lei (infierisce, penso molto giustamente, con la sua ironia), quello, temo, è il pubblico di Piperno (e non per colpa sua, o forse un pochino sì?) e non di Capote. Spero che il mio sia diverso (ma sul pubblico della letteratura contemporaneo non mi farei molte illusioni).
Fine delle comunicazioni di servizio.
Nel Joker della volta scorsa Gustava de Feo chiedeva quale canzone avevo ascoltato il giorno in cui ho compiuto i miei primi 70 anni (evviva sempre Marina Lante Della Rovere Ripa di Meana!).
Starman di David Bowie, avevo risposto, perché avvicinandosi il tempo di essere lanciato nello spazio mi preparo la colonna sonora.
L’argomento ha suscitato interesse.
Antonio Tamalio: «Sono di qualche mese più vecchio di lei, comprenderà, perciò, i pensieri che cominciano ad attraversarmi la mente. Per questo, nel settembre scorso, ho detto ad un amico che avrei piacere che quel giorno ascoltassero, nell’ordine: Non, je ne regrette rien di Édith Piaf; Fanfare for the Common Man, nella versione di Emerson Lake & Palmer, e per finire Space Oddity».
Roberto Patrizi scrive: «A gennaio (29) ho compiuto 69 anni. Nato precisamente un anno prima di lei. Ero un po’ depresso (si dice così oggi), poi abbiamo battuto la Juve e nel Joker con doppia dedica ho ritrovato Il Giorno di Simonetta e l’Arcimatto di Brera. Mio padre acquistava Il Giorno e il lunedì tornavo da scuola pensando che avrei letto ste cose bellissime. Madeleine da Joker. Prima o poi ci catapulteranno nello spazio. Non perdiamoci di vista neppure là».
Christopher Hitchens, che amava molto scrivere e leggere necrologi (i coccodrilli dei giornali), li considerava un esercizio di alto stile letterario («lo stile del cuore» lo chiamava).
A chi non piacerebbe sapere cosa si dirà di lui nei necrologi, nei commenti dopo la sua dipartita? Personalmente mi accontenterei che i necrologi su di me fossero del tenore di alcune lettere scrittemi dai lettori quando il Joker, inteso come rubrica, chiuse (momentaneamente) i battenti. Ecco due di quelle lettere nelle quali si ritrova lo stile del cuore di cui parla Hitchens. Grazie agli autori (e non solo a quelli qui pubblicati).
(Eventuale) Necrologio numero uno
Lorenzo Falleni: «Carissimo Antonio, ti scrivo da una piovosa Genova per dirti che in questi anni, grazie ai tuoi consigli e alle tue caustiche puntualizzazioni, ho applicato alla scelta dei libri lo stesso criterio che per anni mi ha assistito nella scelta delle donne più interessanti, dei bar più appaganti, della canzone più riuscita, del film che non dimenticherai.
Non è cosa da poco. Un occhio critico e disincantato che mi ha guidato per i mari del Sud e per gli Stati Uniti più autocritici, per le canoniche vittoriane e per le inebrianti vette russe. Un ottovolante sensazionale.
P.S. In un antico Cameo [progenitore del Joker, ndr] dicesti che nel P.S. si nasconde l’essenza della missiva. Quante piccole cose mi ricordo della tua rubrica!
E non ricordo il mio codice fiscale…
Come amministratore del Circolo Dorrick ti devo ulteriormente ringraziare perché hai indirettamente permesso che tante persone con un idem sentire siano state in contatto per più di un decennio, condividendo la passione per la lettura, per uno scambio sempre acceso di opinioni, per un atteggiamento pop e scanzonato verso la lettura e la vita vera.
Ad ottobre ci siamo incontrati, circa una trentina di dorrickiani, a Ragusa, nella tana della sensazionale Cettina Cianciolo e abbiamo conosciuto anche uno dei tuoi gladiatori, tal Armando Coppola che, da 14 anni, pubblica ogni giovedì/venerdì/domenica lo screenshot della tua rubrica. Eroico, mai un ritardo (anche grazie all’insonnia da lettore forte).
Un collante sensazionale per noi che ora ci sentiamo un po’ smarriti. Non ci crederai ma ho conosciuto Coppola pochi giorni fa e per tutta la cena mi ha tenuto il braccio come se ci conoscessimo da una vita.
Questo per dirti che oltre ai libri sei riuscito a collegare persone con una certa sensibilità, forse poco rappresentate.
Non è un caso che, purtroppo, ora il tuo modo di scrivere possa non essere in linea con questi campioni del riciclo che, oltre a blaterare senza tregua in tv, ci tengono a riportare il loro buonsenso in rubriche pleonastiche ed illeggibili da chiunque voglia essere stupito o voglia apprendere qualcosa di buono o utile al proprio benessere.
Preferiscono essere rassicurati sulle proprie opinioni, così va il mondo.
E invece di Trollope finiranno per leggere Giordano. Amen».
(Eventuale) Necrologio numero due.
Cettina Cianciolo: «Grazie per Philip Roth Trollope Bellow e per i così tanti altri scrittori e romanzi che mi ha messo davanti; per l’inconfondibile stile spudorato affilato e fulmineo delle sue recensioni; per le sue pagine su Sette e sul Corriere che da sole hanno giustificato l’acquisto di un giornale divenuto via via sempre più triste; per i tanti anni in cui ha pubblicato i miei commenti offrendomi le indicazioni per maturare una assoluta indipendenza di lettura e di critica; in ultimo per avere ispirato la fondazione del formidabile gruppo di lettura a lei dedicato una fucina di romanzi recensioni dibattiti; per tutto questo le sono grata».
Ora basta con i necrologi anche se ce ne sarebbero altri e molto belli, magari una delle prossime volte che muoio...
(fine della prima puntata del più lungo joker mai scritto: un po’ malinconico e un po’ a luci rosse, ovverosia l’importanza di chiamarsi pussy galore – continua)
Ah poter essere a casa Manzoni il primo giorno di primavera...
un caro saluto a lorenzo e cettina. La vita non è bella nè brutta è originale. Maestro ti aspettiamo sempre a Sorrento.